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L’origine di questa suggestiva roccaforte è narrata come si trattasse di una leggenda.
Il Borgo di Torre Alfina, oggi è annoverato tra i cento borghi più belli d’Italia.
Info: Numero Verde: 800-411834
Pro Loco Torre Alfina Tel. 0763/716206
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CASTELLO DI TORRE ALFINA
LA STORIA
“Fu edificato un castello al capo del piano dell’Alfina, da Orvieto lontano otto miglia; dov’era una sola Torre fatta in fortezza; onde il Castello prese il nome da quella Torre: dove concorsero quelli di Meana, Monte Cuccione, di Valcelle, e d’altri luoghi ruinati intorno, per le guerre passate”. Così Monaldo Monaldeschi –signore di Orvieto-, racconta la nascita del castello di Torre Alfina, nei suoi “Comentari Historici”. L’origine di questa suggestiva roccaforte è narrata come si trattasse di una leggenda. Tutto quello che sappiamo è racchiuso in poche, ma esaltanti righe che ci raccontano di un tempo lontano, dove le guerre si succedevano senza sosta: contea contro contea; paesi divisi dai loro sovrani; battaglie di conquista che sembrano tratte da un film d’avventura. Con il susseguirsi dei secoli il castello ha conosciuto molti abitanti; dal 1451, con la fine dell’era feudale, il maniero finalmente tornò ai legittimi proprietari: la comunità torrese. Venne fondato il comune di Torre Alfina, oggi annoverato tra i cento borghi più belli d’Italia. Ma nuovi assedi e nuove invasioni avrebbe reso la vita affatto facile al piccolo castello, fino all’immane restauro voluto dal Signore Sforza Monaldeschi della Cervara, che da Orvieto scelse di ritirarsi nel piccolo paese. Il Castello divenne uno sfarzoso palazzo cinquecentesco, grazie al lavoro dei migliori artigiani orvietani: gli Scalza per quel che riguarda sculture ed architetture; Cesare Nebbia che si occupò degli affreschi. Purtroppo, verso la fine del diciassettesimo secolo, Torre Alfina iniziò un lento declino, che vide diminuire di un terzo i suoi abitanti. Il piccolo paese divenne frazione e si appoggiò dapprima ad Orvieto, poi stabilmente ad Acquapendente. Ma non era ancora finita: nel corso dell’800 il castello, ormai anch’esso in declino, trovò nuovo splendore grazie a quello che fu un vero e proprio rifacimento ad opera dell’architetto Giuseppe Partini.
In seguito Rodolfo, figlio del marchese Edoardo Cahen, ennesimo proprietario del castello, arricchì l’interno con pezzi unici che collezionò da tutto il mondo. Di quei pezzi di valore, oggi è rimasto ben poco: vennero venduti nel 1969, durante una sfiancante asta che si protrasse per più di una settimana.
Perfino il bosco del Sasseto, che si snoda attorno al paese è ricco di storia: nascondigli di briganti, sentieri che si intrecciano tra i massi di origine lavica e alberi secolari, fanno di questo luogo uno dei più magici dell’Alta Tuscia. Infine, il mausoleo del marchese Cahen, sorge in una radura del bosco, in ricordo di tutte le avventure che Torre Alfina ed il suo castello hanno vissuto, attraverso secoli di distruzioni, ma trovando sempre la forza di ricostruire dalle ceneri.
DESCRIZIONE
Il palazzo, costruito nel XIII secolo a ridosso della torre, la parte più antica attorno alla quale si sviluppò il castello, fu dimora dei signori di turno. Prima i Risentii (secolo XIII), i cui stemmi delle pietre tombali sono ancora visibili nel cortile del castello. La rocca originaria venne fortificata attorno alla torre più antica con una seconda cinta muraria, costituita da bastioni, dalle mura delle abitazioni e munita di più porte d’accesso. Due di queste sono scomparse con i lavori di ristrutturazione del marchese Cahen, mentre è ancora presente Porta Vecchia.
Parte del cortile interno, un’ala decorata con affreschi, e alcuni arredi e stemmi della famiglia, è quel che rimane del periodo che va dalla fine del Duecento fino alla seconda metà del Seicento, periodo in cui dominarono i Monaldeschi di Orvieto, del ramo Cervara, in particolare evidenza negli interventi fatti realizzare nella ricostruzione in stile rinascimentale del primitivo castello medievale.da Sforza Cervara, ex capitano di ventura.
Fu il proprietario Edoardo Cahen nel XX secolo a far ristrutturare il palazzo Monaldeschi, all’architetto Giuseppe Partini di Siena, in uno stile neogotico, conferendo l’aspetto caratteristico con la pietra locale di travertino e basalto che riveste tutt’oggi l’intero castello. Oggi l’immobile situato nel comune di Acquapendente, costituito da 55 vani più vari giardini all’italiana è attualmente sotto confisca. Il crac subito dal suo ultimo proprietario Luciano Gaucci, ha visto confiscare il bene e metterlo in vendita all’asta con incanto per soli 10,319 milioni di euro.
BIBLIOGRAFIA
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