
La chiesa si presenta nell’insieme armonica, con linee molto semplici, priva di cicli decorativi. A decoro della chiesa troviamo solamente le tante opere che nel tempo sono pervenute da altri edifici e disposte nei diversi ambienti. La prima cosa che si nota sono i quadri di notevole dimensione, disposti lungo tutto il perimetro della chiesa, che coprono le pareti delle navate laterali e la parete di controfacciata. I quadri, non sono altro che le opere realizzate ogni anno, in concorso per la manifestazione dei “I Pugnaloni”.
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BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO
LA STORIA
Una legenda è alla base della fondazione della chiesa del Santo Sepolcro di Acquapendente. Una regina di nome Matilde (variamente interpretata con Matilde di Scozia, o Matilde di Westfalia) nel X seolo, si trovava ad Acquapendente diretta a Roma, con al suo seguito molti muli carichi d’oro per fabbricare nella città santa, una chiesa dedicata al Santo Sepolcro. Arrivati di fronte a porta romana i suoi muli si rifiutarono di continuare, inginocchiandosi addirittura. La sera una visione illuminò la regina, convincendola a far erigere proprio in quel punto dove si erano fermati i muli, una chiesa atta a custodire il sacello del Santo Sepolcro. La prima vera testimonianza della chiesa la troviamo nel 1091, in un documento. Si tratta di una donazione fatta da Malnierro Visconti di Marsiglia di molti beni, indirizzata a Domino Deo et Gloriosissimo eius Sepulchro Iherusalem et Acquependentis. La tradizione vuole che dopo aver conquistato Gerusalemme, alcuni cavalieri crociati portarono qui due piccole pietre contenenti le macchie del Sangue di Cristo, provenienti dal pretorio di Ponzio Pilato. Legenda e storia si trovano così a camminare su binari paralleli, uniti da un filo sottile alla realtà. In ogni caso, una prima fase dell’edificazione della chiesa collegata evidentemente al santo Sepolcro di Gerusalemme, si inserisce perfettamente nell’uso diffusosi in Occidente a partire dal IX secolo di costruire templi od edicole in memoria o a imitazione della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Di questa prima fase rimangono solamente i capitelli della Cripta definiti “di barbara espressività”. Nel 1149, papa Eugenio III consacrò l’edificio che corrisponde in linee generali a quello attuale. Di fatto i tanti interventi decorativi subiti nell’arco di un millennio, hanno alterato completamente l’aspetto che doveva avere all’origine la chiesa. Nel 1649, in seguito della distruzione di Castro, Innocenzo X trasferì la sede vescovile ad Acquapendente. Ciò influì ovviamente sul rilancio della devozione locale e sui progetti decorativi degli edifici di culto della città. Il vescovo di Acquapendente Pompeo Mignucci, ottenne dal pontefice gli arredi sacri e le suppellettili provenienti da Castro, nonché le reliquie di santi , tra cui il corpo di San Bernardo che venne collocato così nella cattedrale presso l’altare maggiore, insieme alle ossa di Sant’Ermete che erano state ritrovate nel 1652 durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio. Nel 1656 Una visita pastorale fatta da monsignor Leti, ci testimonia come oggetti più svariati provenienti da altri edifici religiosi, erano collocati in chiesa a decoro e esaltazione del culto del Santo Sepolcro. Tra il 1755 e il 1758 viene realizzato da Apollonio Nasini il ciclo decorativo del presbiterio del catino absidale su commissione del vescovo Bernardo Bernardi, con le raffigurazioni dell’Incoronazione della Vergine e della Resurrezione, purtroppo andato distrutto nella seconda guerra mondiale. Nella metà del XVIII secolo vengono eseguiti dei lavori di rifacimento della facciata della chiesa. Di fatto, con un flusso costante nel tempo, la chiesa ha continuato ad arricchirsi di opere provenienti da altri edifici, come ad esempio i bassorilievi marmorei donati da monsignor Angelo Gessi nel 1893, e collocati nel 1948 durante i restauri condotti da Orseolo Fasolo a decoro del fronte degli amboni posti ai lati della scalinata che dalla navata conduce al piano rialzato del coro.
DESCRIZIONE
La facciata della basilica si presenta oggi nelle forme ripristinate attraverso il avori di restauro promossi nel 1746 da papa Benedetto XIV. Un corpo centrale diviso in due ordini sovrapposti di lesene disposte simmetricamente due a due ai lati del portale e ai lati dell’edicola dell’ordine soprastante. Qui, sopra il finestrone, è posto a dieci metri d’altezza, entro una grande nicchia, copia del busto marmoreo di Innocenzo X realizzato dall’Algardi di cui l’originale è conservato sempre ad Acqupendente nel museo della città – presso la sede del palazzo Vescovile. Il portale, realizzato in peperino, è costituito da un semplice impianto trilitico sormontato da una lunetta. Ai lati del corpo centrale, due torri campanarie si innalzano simmetricamente sopra il corpo centrale riprendendo nelle sue forme l’aspetto decorativo della facciata. Le torri sono caratterizzate da un primo ordine con lesene, sovrapposto, al di sopra della trabeazione che corre lungo tutta la facciata, le celle campanarie vere e proprie. Lungo il fianco destro della chiesa corre un portico all’interno del quale sono collocati resti dell’edificio romanico. All’interno, La basilica si presenta a tre navate divise da pilastri, con transetto e abside sopraelevati, al di sotto dei quali é collocata la cripta. Una copertura a capriate chiude sia la navata centrale che quelle laterali. Quattro grandi arcate simmetriche sorrette da pilastri ai lati della navata centrale la separano da quelle laterali. La chiesa si presenta nell’insieme armonica, con linee molto semplici, priva di cicli decorativi. A decoro della chiesa troviamo solamente le tante opere che nel tempo sono pervenute da altri edifici e disposte nei diversi ambienti. La prima cosa che si nota sono i quadri di notevole dimensione, disposti lungo tutto il perimetro della chiesa, che coprono le pareti delle navate laterali e la parete di controfacciata. I quadri, non sono altro che le opere realizzate ogni anno, in concorso per la manifestazione dei “I Pugnaloni”. Si tratta questa di una festa religiosa, fatta in onore della Madonna del Fiore, che coincide con l’evento storico della liberazione di Acquapendnte dall’oppressione di Federico Barbarossa nel 1166. Questa importante manifestazione folcloristica locale, caratterizzata da un concorso per eleggere la migliore opera realizzata completamente con fiori, petali, foglie e materiale vegetale, si svolge ogni anno nella terza domenica di maggio e si conclude con l’esposizione dei Pugnaloni (le opere in questione), davanti alla cattedrale per poi essere conservate per tutto l’anno successivo all’interno della stessa. Anticamente, la costruzione era caratterizzata da due file di pilastri differenti per forma e numero. Attualmente, dei quattro che si trovavano a sinistra, rimangono le basi di diversa fattura (croce lobata, circolare, esagonale); dei tre che si trovavano sulla destra, rimane solo il primo, di forma ottagonale a mattoni. Sui pilastri, troviamo alcune opere. A destra, nel secondo pilastro, il frammento di un affresco di scuola romana dell’inizio del XIV secolo, collocato sopra un rilievo marmoreo con decorazione fitomorfa. L’affresco, conosciuto come della Madonna del Fiore, venne qui trasportato dalla diruta chiesa di Santa Maria del Fiore, ed era già ricordato nella visita pastorale fatta da monsignor Leti nel 1656 che lo vedeva collocato in cattedrale a Cornu Evangeli. Nei pilastri sulla sinistra, troviamo tre pannelli di cotto bagnato in rame, ognuno dei quali e diviso in due scene, che narrano la storia della basilica: L’arrivo della regina di Westfalia, I soldati a cavallo in partenza per la I Crociata in Terrasanta; la chiesa Divenuta cattedrale nel 1649, dopo la distruzione della diocesi di Castro; La consacrazione della chiesa da parte di papa Eugenio III nel 1149, e infine la distruzione di buona parte della facciata e dell’interno a causa di un’esplosione durante la II Guerra Mondiale (8/6/1944). In fondo alla navata si trovano due amboni posti ai lati della scalinata che conduce al piano rialzato del coro. Qui fanno bella mostra due bassorilievi marmorei provenienti da un monumento distrutto, attribuiti dal Raghianti ad Agostino di Duccio nella sua fase riminese, databili tra il 1452 e il 1455. I bassorilievi vennero donati da monsignor Angelo Gessi nel 1893, e collocati nel 1948 durante i restauri condotti da Orseolo Fasolo a decoro del fronte di ciascuno degli amboni. Nell’ambone destro è raffigurato San Raffaele Arcangelo e Tobia. Nell’ambone sinistro San Michele Arcangelo e il drago. Sotto l’arco trionfale, al centro delle due scalinate, è situato il fonte battesimale in travertino proveniente dalla chiesa di Santa Vittoria, testimoniato già nella stessa visita pastorale del 1656. L’opera ottagonale è a tronco di piramide rovesciata, poggiante su un rocco di colonna scanalata a solchi ondulati. La decorazione del fonte vede una fascia principale che corre lungo tutto l’orlo divisa in quindici comparti con bassorilievi raffiguranti il Battesimo di Cristo, i Dodici Apostoli, San Mattia e Santa Vittoria. L’opera databile intorno alla metà del XIV secolo, presenta sulle facce trapezoidali una decorazione fitomorfa. Subito dietro il fonte battesimale, il fulcro della chiesa. Sotto il coro, custodito nella cripta della chiesa, il Sacello del Santo Sepolcro. Abbiamo dunque due edifici, uno sopra l’altro. Al piano inferiore si trova la cripta romanica del X-XI sec.
La cripta venne realizzata in maniera tale che la parte superiore del sacello del Santo Sepolcro emergesse e fosse visibile attraverso un’apertura delle volte nella zona antistante l’abside della chiesa. Tutto ciò per permettere ai fedeli transitanti in chiesa la visione del sacello e mantenere costante il simbolismo della Passione e della morte di Gesù. Tornando alla navata laterale destra, percorrendola, la troviamo priva di opere. In fondo si arriva nei pressi della scalinata che conduce al soprelevato transetto destro, dove è collocato il busto marmoreo di Innocenzo X, realizzato da Alessandro Algardi nel 1652. Sulla destra una rampa di scale scende per accedere alla cripta del Santo Sepolcro. Salite le scale, nel transetto destro, troviamo il dossale in terracotta invetriata raffigurante la Gloria dell’Eucarestia, opera realizzata da Giacomo Parissi nel 1522 per la locale chiesa di San Pietro dell’Olmo, e qui trasferita nel 1881. Dalla scritta presente sulla base sul dossale, sappiamo che alcuni pezzi del dossale tra lo smontaggio e la ricollocazione in cattedrale andarono persi, e vennero rifatti dallo scultore Giovanni Battista Troiani da Villafranca di Verona. Subito dopo troviamo la Cappella del Sacramento. Qui, nella parete sinistra troviamo una tela con Sant’Alfonso de Liguori e San Francesco di Sales, realizzata da Vincenzo Chialli di Città di Castello, commissionata dal vescovo Florindo Pierleoni nel 1827. Nella parete destra una moderna tela con Santa Rosa da Viterbo. La zona absidale della cappella, è decorata con colonne corinzie che inquadrano nell’emiciclo l’altare del sacramento. Ai lati del colonnato due statue lignee della Vergine con Bambino. Al centro del coro rialzato, costruito sopra la cripta del Santo Sepolcro, troviamo nella zona antistante l’abside, l’altare maggiore decorato con tarsie marmoree. Dietro l’altare è visibile il pregevole coro ligneo commissionati allo scultore Matteo Monsù tra il 1685 e il 1688, decorato con angeli scolpiti che tengono in mano i simboli della passione. Nell’abside, una cornice decorata con angeli e cherubini, realizzata nella metà del XVIII secolo dallo scultore Giovanni bulgarini. La cornice adorna la statua della Vergine proveniente dalla distrutta città di castro. A sinistra del coro, è collocata la cappella di Sant’Ermete. Qui nella parete destra sono collocate altre due delle quattro tele che vennero realizzate da Vincenzo Chialli di Città di Castello sopracitato. Nella parete destra troviamo la tela con Sant’Andrea e la tela con Santa Lucia e La Vergine con bambino tra i santi Filippo Neri e Veronica Giuliani. Una quarta tela raffigurante Il Battesimo di Gesù, venne realizzata dall’artista nella stessa occasione, inizialmente qui collocata venne poi trasferita nella chiesa di Santo Stefano. Al centro della cappella, il Reliquario contenente le ossa di Sant’Ermete, che erano state ritrovate nel 1652 durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio e qui collocate nel 1656 dal vescovo di Acquapendente Pompeo Mignucci insieme al corpo di San Bernardo. Ai piedi della scalinata che dal coro rialzato riconduce alla navata, troviamo una moderna statua della deposizione. Sulla destra, un’altra scala collega la navata laterale alla cripta del Santo Sepolcro. Da qui, proseguendo lungo la navata sinistra, eccetto la presenza dei due confessionali, non sono presenti altre opere. Prima di uscire l’ultima opera che si incontra è una Sacra Famiglia con San Giovannino posta sopra al portale nella parete di controfacciata.
BIBLIOGRAFIA
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Acquapendente città d’arte, Chiesa del Santo Sepolcro.